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L'EPISCOPIO E IL SALONE RIARIO

L'episcopio ospita alcuni affreschi, di Baldassarre Peruzzi. Furono riportati alla luce da padre Geremia Sangiorgi nel 1977, allora parroco di Ostia Antica.

Dal diario di Padre Geremia: "Si dava per certo che questi affreschi fossero andati perduti. Iniziai le mie ricerche, non convinto di ciò. Con un rudimentale bisturi iniziai in piena notte a squamare le varie tinte. Sotto la sesta squama trovai meravigliose figure eseguite con la tecnica dell'affresco. Percorsi tutte le stanze dell'Episcopio e ìn sette di esse trovai tracce di affreschi. Erano ben riconoscibili gli stemmi del cardinal Riarìo e quelli del papa Giulio II. Collegai subito il tutto e conclusi che erano gli affreschi del Peruzzi eseguiti nel periodo in cui era vescovo di Ostia Raffaele Riario (dal 1511) ed allora era pontefice Giulio II (morto nel 1513)".

I dipinti rappresentano scene desunte e liberamente interpretate, dalla colonna Traiana (probabilmente Riario avrà voluto ingraziarsi il parente e Papa che aveva gridato: "Fuori i barbari!", riferendosi al sacco di Roma del XVI secolo). Si sa che Giulio II nel 1512 pernottò ad Ostia e si sarà compiaciuto della grandiosa realizzazione del Peruzzi.

Il motivo per cui furono ricoperti si puó trovare nelle grandi pestilenze del passato (l'Episcopio potrebbe essere stato adibito a lazzaretto, per le quarantene, come testimoniano i chiari segni si muri) e nella disposizione "sanitaria" dell'epoca che voleva tutto ricoperto di calce viva. Per questo gli affreschi sono rimasti sepolti per secoli".

Le fonti vasariane che assegnarono: a Baldassarre Peruzzi e a Cesare da Sesto il ciclo, vengono confermate sia dai documenti che dal confronto stilistico.

Una grande decorazione di carattere celebrativo realizzata tra il 1511 e il 1513 e che dal motivo dell'antico trae spunto per sottolineare l'intraprendente politica di Papa Giulio II:​
parete Est "Battaglia fra romani e barbari"; "Assedio ad un fortino" (notare la decapitazione di un barbaro);​
parete Sud: "Emblemi araldici di Riario e panoplie d'armi antiche ;​
parete Ovest: "soggetto non chiaramente identificabile per la frammentarietà dell'affresco" (probabilmente corteo dell'imperatore Traiano con il ritratto di Giulio II, vestito da guerriero al centro, in basso); "Apertura di una breccia nelle mura di una città"; "Costruzione di un fortino"; "Incitamento di Traiano alla flotta"; "Battaglia fluviale sul Danubio"; "Presentazione a Traiano del bottino di guerra";​
parete Nord: "Fuga dei barbari dal loro territorio; "Sottomissione dei barbari"; "Funerali di Traiano" (unico quadro non presente nella colonna Traiana).​
I primi riquadri della parete Est sono perduti. Alle scene tratte dalla colonna Traiana si deve aggiungere quella con i "Funerali di Traiano", attribuita al Beccafumi.

Il cardinale Raffaele Riario, nipote del papa Giulio II, divenne vescovo di Ostia nel 1511 e subito cercò di migliorare le condizioni del palazzo episcopale divenuto angusto e non adeguato al resto del borgo che era stato completamente rinnovato dai suoi precedessori.

Aggiunse, quindi, una nuova ala che si inserì tra la parte dell'episcopio già esistente, la chiesa di S. Aurea e le mura cittadine, restaurate nel 1471 per volere di Guglielmo d'Estouteville.

Le finestre e le porte vennero incorniciate di pietra e su ogni architrave fu posto lo stemma Riario e a volte anche l'iscrizione R/EPSIOSTIEN/CAR/S. GEORG/SRE/CAMER/ a ricordo del fatto che Riario fu anche Cardinale di S. Giorgio e Camerario di S. Romana Chiesa.

All'interno, nell'appartamento del vescovo, ogni stanza venne decorata con affreschi che rappresentavano le imprese di Raffaele Riario, mentre la grande sala centrale venne ricoperta con pitture di soggetti "antichi" eseguiti dai maggiori artisti del tempo. Di questi affreschi parla anche il Vasari nel 1568, ponendoli, però, erroneamente nel maschio della rocca di Gíulio II.

Il Vasari descrive minuziosamente queste storie bellissime che rappresentano uno scontro all'arma bianca e l'assalto ad un fortino, oggi ben visibili sulla parete sinistra. Si può risalire con certezza alla data di esecuzione osservando gli stemmi dipinti sull'alto delle pareti dove si trovano quello vescovile di R. Riario, quello papale di Giulio II e quello della città di Roma.

Riario divenne vescovo di Ostia nel 1511, Giulio II morì nel 1513, quindi le pitture furono senz'altro eseguite tra il 1511 e il 1513, quasi certamente durante il 1512. Lo stemma di Roma si riferisce al fatto che Riario era stato eletto delegato del papa durante le sue numerose assenze per le guerre che Giulio II condusse contro Bologna e contro i francesi. Gli affreschi monocromi dell'Episcopio descrivono gli episodi della guerra di Traiano contro i Daci, presi dalla Colonna Traianea con l'unica eccezione dell'ultimo quadro che rappresenta i funerali di Traiano. Questi affreschi hanno un preciso significato politico legato al momento particolare che la Chiesa romana stava attraversando tra il 1511 e il 1512, cioè alla "guerra santa" che Giulio II aveva scatenato contro la Francia di Luigi XII, accusato di estendere i suoi possedimenti nei territori dell'Italia centro-settentrionale.

Quindi le storie di Traiano sormontate dallo stemma papale assumono un significato politico chiarissimo: come Traiano prevalse sui barbari Daci, così Giulio II con la presa di Ravenna nel 1512 vinse su Luigi XII, il novello barbaro che minaccia il territorio italiano.

Anche la scelta di Traiano non è casuale, in quanto egli era stato sempre considerato l'imperatore della Provvidenza. Una delle storie monocrome, i funerali di Traiano, esula dal resto, perché non è presente nella Colonna Traianea di cui le storie traggono l'ispirazione e questo perché va letta come glorificazione a conclusione di una storia eroica.

Autore di questi affreschi è Baldassarre Peruzzi, il pittore senese che manifesta l'influsso di Raffaello nel suoi numerosi puttini alati. Il progetto è, quindi, di questo pìttore, che nel 1512 si trovava a Roma, mentre alla realizzazione materiale contribuirono varie mani.

Primo fra tutti Cesare da Sesto che si era fermato a Roma nel 1512.

Altri quattro pittori presero parte all'esecuzione dell'opera, ma con sicurezza si può identificare solo Domenico Beccafumi, che quasi certamente fece un viaggio a Roma tra il 1510 e il 1512; sua è l'esecuzione dell'ultimo episodio, i funerali di Traiano; qui lo stile è notevolmente diverso rispetto agli altri episodi.

Le varie storie vanno lette partendo dalla parete sinistra dell'ingresso e proseguendo in senso orario.

I soggetti rappresentati sono i seguenti: i soldati romani assaltano un accampamento nemico; assedio e difesa di Sarmizegetusa; scena frammentaria difficilmente decifrabile; legionari romani aprono un varco nelle mura di Sarmizegetusa; soldati romani costruiscono un fortino; partenza dell'esercito romano dal porto di Ancona; combattimento tra Romani e Daci sul Danubio; l'imperatore ricompensa i soldati dopo la battaglia; suicidio di un soldato barbaro dopo il ritrovamento del tesoro di Decebalo; i nemici vinti si dirigono verso le terre loro assegnate; Traiano riceve la sottomissione dei vinti; i funerali di Traiano.

Cli affreschi sono stati riscoperti nel 1977 dal parroco Geremia Sangiorgi dopo secoli di oblio.

Nel 1600 questi locali erano trasformati in lazzaretto e di conseguenza le pareti erano state imbiancate.

La Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma ha iniziato subito nel 1977 una operazione di restauro che dura ancora.

​Finora sono state liberate dallo scialbo tre pareti del salone centrale, esclusa la quarta parete dove si aprono due finestre.


 

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